L’ACT a Volandia

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Andare a vedere Volandia è come fare un tuffo nel passato, però viaggiando con la tecnologia del presente. Siamo arrivati al terminal 1 di Milano Malpensa aeroporto, velocemente con un treno moderno tipo Coradia, e quando siamo scesi sul marciapiede di stazione abbiamo subito notato due cimeli storici ferroviari delle FNM, una sala motore completa di ingranaggi OM ed un motore di trazione TIBB, entrambi appartenenti ai primi locomotori gruppo E600 delle FNM (Ferrovie Nord Milano).

Saliti al piano imbarchi per poi andare verso Nord ed uscire dalla aerostazione, dopo essere passati su un viadotto ci siamo ritrovati davanti ad un cancello di servizio dove eravamo attesi dai volontari di Volandia, che così ci hanno evitato di fare il lungo giro nel bosco.

La visita inizia salendo su per due scalette simili a quelle per gli imbarchi sugli aerei, ma appena entrati, anziché incontrare una hostess che, dandoci il benvenuto a bordo, ci indica il posto a sedere per la trasvolata, ci siamo trovati come in una veduta aerea davanti al grande plastico in scala H0 lungo 15 metri dove si possono notare una miriade di convogli in miniatura, fra tram e treni, filobus ed autobus, modelli di aerei e mongolfiere che volano sopra il plastico stesso con paesaggi modellistici tra montagne con arditi ponti e pianure piene di ferrovie con tanto di stazioni e depositi e centri abitativi.

In questo primo salone vi si trovano tutti i modelli di aeroplani esistenti al mondo, sopra la testa un aliante dall’apertura alare che ingombra in larghezza tutto il padiglione ed altri aerei compresa una mongolfiera, per uscire da tutto ciò si deve passare da una sala dove trova posto un autocarro del 1915/1918 e la riproduzione perfetta del primo aeroplano dei fratelli Wright. Dopo questo battesimo del volo, si fa per dire, si può incominciare la lunga esplorazione del Parco che ha la durata circa di tre ore e mezzo se si vuole vedere il tutto per bene.

Il percorso interno al Parco quindi ci porta a vedere dapprima la nascita del volo con tanto di ricostruzione di modelli dalle ali di Icaro ai primi aerei biplani perfettamente conservati, dopo gli esemplari e modelli di aerei biplani, triplani e poi monoala si arriva al più importante padiglione che è quello dello spazio, al cui ingresso si può notare una foto in 3D del “Rover lunare”, che visto da lontano ha un effetto notevole. Il cosmo ci è raccontato all’entrata dall’immagine di Galileo Galilei che guarda nel suo primo telescopio. Seguono in altri capannoni a se stanti, varie raccolte di automobili con alcuni modelli incredibili e mai entrati in produzione, o altri che ne hanno fatto la storia: in sé però essendo “Volandia” il filo conduttore, non vi è un “fil rouge” che accompagna la storia dell’automobile, tanto preponderante come è sulle nostre strade e soffocante in città.

L’ultimo padiglione è dedicato al volo verticale con la storia degli elicotteri.

Alla fine della lunga storia del volo dove troviamo in un grande spazio aperto aerei di linea tra cui spicca un DC9 -un MIG originale russo ma in dotazione all’aviazione polacca, invece lo avevamo già visto in anticipo sul viale interno andando verso il padiglione dello Spazio- si arriva nella grande area all’aperto dove, dopo un’area giochi per i bimbi ed un Bistrot ben fornito di vivande, c’è la sezione trasporti pubblici terrestri, con locomotive di ogni genere, tram a cavalli ed a vapore, tram elettrici milanesi dati a suo tempo in comodato d’uso dall’ATM all’Ogliari, autobus e filobus, il tutto un po’ abbandonato al proprio destino nonostante gli sforzi di alcuni volontari che combattono contro queste oramai “ferraglie” arrugginite e decadenti a causa delle intemperie che devono subire ogni anno, visto che tutti i mezzi sono all’aperto e non al coperto in apposito capannone.

La collezione Ogliari, oggi conservata presso il Museo del Volo.

C’è per primo l’orripilante finto tram a doppio piano della Milano-Monza, una volta tram a cavalli della Certosa di Pavia, un tram a vapore, una locomotiva a vapore a tre assi, che tra l’altro il cartello indica come funzionante ad alimentazione a 3.000 V corrente continua? Mah!

Il discutibile tram a cavalli della Milano-Monza ricavato da quello della Certosa di Pavia. Si noti poi che monta come faro superiore, un fanalone dei vecchi convogli elettrici delle FNM, quando in realtà i fanaloni dei tram elettrici erano ancora a petrolio.

una locomotiva a vapore a tre assi, che il cartello indica come funzionante ad alimentazione a 3.000 V corrente continua? Mah!

I tram di Milano sono in condizioni veramente pessime: troviamo una “Edison”, la 4041 cassa anteriore delle famose “due camere e cucina” milanesi, la motrice “Abbiategrasso” dotata di pantografo STEL che non ha mai avuto in vita sua, pazienza se non altro si è salvato uno di quei pantografi, e la “carrello” 1717 in fase di restauro.

la “carrello” 1717 in fase di restauro

Tra il filobus 107 di Lugano, il bus parigino per eccellenza con piattaforma aperta di carico posteriore, una 835 ed una trifase E.554 TIBB ma con un cartello di un trasformatore Ansaldo, chissà il perché poi, notiamo la sparizione della “guidovia” genovese, pensiamo in fase di restauro da qualche altra parte, mentre è svettante sopra i rotabili la cabina della funicolare di Como. La locomotiva a vapore decauville attribuita al “macellaio” Cadorna, altri non è che una delle due unità che a loro fine carriera hanno contribuito a costruire l’autodromo di Monza.

notiamo la sparizione della “guidovia” genovese

Alcune carrozze e carri soprattutto bagagliai di dubbio gusto, un autobus Lancia Esagamma di Milano ed un nuovo arrivo un bus turistico degli anni Ottanta, anche qui è scomparso l’originale leoncino OM, con una “Trabant” tutta di plastica dell’Est europeo, si conclude la visita all’area dedicata ai trasporti ammirando uno schiacciasassi a vapore.

Prima di uscire bisogna passare giocoforza da uno shop ben fornito dove è quasi impossibile non metter mano al portafogli per portarsi a casa almeno un ricordino della vista.

Del muso del “Vibertone”, del FIAT ABL, della parte di cassa della M1 e carrello della M3 non vi è alcuna traccia, sono rimasti forse seppelliti a Ranco e li ritroveremo a seguito di scavi archeologici negli anni Tremila? Ciò non è dato di sapere, forse presto spunteranno fuori splendenti più che mai da altre parti in altre collezioni oppure nella stessa “Volandia”, ma siccome conosciamo la persona che a tutt’oggi si vanta di avere fatto il trasporto di tutti questi veicoli, lasciamo ogni speranza, non ci resta che aspettare.

Terminata la vista verso le 14:00, siamo tornati al terminal 1 dove al 1° piano nell’area food ci siamo rifocillati e poi nel pomeriggio abbiamo fatto ritorno a Milano, non prima di fare un salto sempre in treno, fino al terminal 2.

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Autore: Paolo Pagnoni

Presidente dell'associazione ACT